Oggi pensavo a questo tempo che torna e se ne va. Poi torna e se ne va di nuovo. Come il mare, sembra non finire mai.
Fermo e mobile allo stesso tempo.
Lo si può osservare, mentre ticchettando passa. Lento lento.
Oppure vivere, lasciandolo fare. E ci sorprenderemo di come veloce sia trascorso.
Ho fissato un punto, laggiù, sull'orizzonte.
Adesso, piano piano, ci arrivo.
Nuotando.
è il 14 e tutto va bene
I referendum son passati, fuori c'è il sole e, cosa più importante, stamattina al mercato ho trovato gli agretti.
Oh, sì!
Oh, sì!
domenica
Certe volte vorrei che il tempo passasse piano piano. Ci sono momenti che vorrei prolungare il più possibile. Son momenti di quiete, in cui non succede nulla di particolare, pieni di silenzi e solitudini piacevoli. Tv spenta, radio spenta, telefono silente, finestra socchiusa. Solo il fruscio delle pagine che girano e un'aria, intorno, carica di pioggia. Odore di caffè e pantaloncini corti. Un dizionario di spagnolo.
L'attesa di un ritorno.
30 maggio 2011
Hoy puede ser gran dia,
no consientas que se esfume
...
Hoy puede ser gran dia,
duro, duro,
duro con él.
il medioevo non è mai finito
Due foto prese a caso dal web. Una in un qualche paese arabo, l'altra in una qualche città americana. Posti lontani e diversi; sentimenti comuni. Gente che inneggia alla morte e alla distruzione; gente che gioisce della morte e della distruzione.
Ma possibile che questa è la fottuta logica che deve governarci? Possibile che non si riesca a vedere in che abisso ci stiamo calando, tutti?
Non voglio rassegnarmi a questa bestialità globale. Non voglio, maledizione. Apriamo gli occhi, troviamo un'altra strada. Ci deve essere. Ci deve essere, maledizione!
come si cambia
Quando il giorno di una partenza si avvicina, per quanto breve il viaggio possa essere, tutto diventa incredibilmente tollerabile. La stanchezza di una giornata di lavoro è piacevole; la sveglia alle 6.30 di domani mattina per andare a lavorare sembra divertente; la macchina inzaccherata di pioppi perchè l'hai parcheggiata sotto l'albero il giorno dopo averla lavata.....che fa?; la barbarie della politica italiana diventa un puntino lontano dall'altra parte della galassia di cui non vuoi sapere nulla di nulla; non ti spaventa l'idea di dover gestire, in 7, un'orda di 130 persone che arriva allegrotta la settimana prossima; non ti rendi proprio conto di scrivere post che quando tonerai ti faranno venir voglia solo di dare una testata allo schermo del portatile. Persino le crittografie di Popò(catepetl) che non riesci a risolvere ti scivolano addosso senza lasciare traccia di astio e frustrazione.
Io divento sempre un po' chissenefotte, il giorno prima di una partenza... e questa cosa mi convince sempre di più che dovrei trovare il modo di viaggiare più spesso possibile.
Io divento sempre un po' chissenefotte, il giorno prima di una partenza... e questa cosa mi convince sempre di più che dovrei trovare il modo di viaggiare più spesso possibile.
pensieri sparsi con dedica
Ci son dei giorni, quando torno a casa un po' prima da lavoro e c'è ancora un saccaccio di luce nell'aria, in cui mi sento leggera leggera. Sarà un po' la stanchezza di una giornata passata a parlare, sorridere, ascoltare, spiegare, fotocopiare, o semplicemente la primavera che è esplosa ovunque, ma quando arriva quest'ora mi sento paga. Apro la finestra del balcone e lascio che il chiacchiericcio dei ragazzini nel cortile riempia la stanza. A casa non c'è nessuno eppure ogni cosa è piena di chi non c'è. Mi piace questo aspettare, sapere che qualcuno, più tardi, suonerà alla porta, mi bacerà e riempirà lo spazio intorno a me. Come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Non ho la più pallida idea di cosa farò per cena, ma poco importa. Oggi una studentessa francese davanti al disegno di una padella sul fuoco con dentro un uovo aperto ha coniato il verbo frittare (mix tra frittata e friggere) ed io ho riso di gusto. Certo, nulla in confronto alla perla: pioggia degli occhi (lacrime) di un vecchio studente indiano, ma ho un debole per quelli che chiamo 'gli errori intelligenti'. Mi ripropongo sempre di raccoglierli in un blog o qualcosa di simile, ma poi come al solito non lo faccio e col passar del tempo me li dimentico.
Scavallata la santissima pasqua si prospettano un paio di viaggetti e la cosa mi riempie di frizzantezza. Treni e aerei andrebbero presi il più possibile. Ti fanno raggiungere qualcosa in cui vuoi approdare: un desiderio, un volto amico che non vedi da un pezzo, o quello che sia. Un cambiamento, anche minimo, alla monotonia quotidiana. (Ovviamente i treni che portano al fottuto lavoro non sono compresi nel quadretto poetico).
Ora, non so bene come concludere questa specie di post, visto che non ha nè capo nè coda. Potrei continuare a sparpagliare pensieri sulla tastiera ma opto per un tè e un pezzetto di tramonto, all'ombra del mio miracoloso travaso. Finiti i tempi in cui il mio pollice era capace di assassinare financo le piante grasse!
Non ho la più pallida idea di cosa farò per cena, ma poco importa. Oggi una studentessa francese davanti al disegno di una padella sul fuoco con dentro un uovo aperto ha coniato il verbo frittare (mix tra frittata e friggere) ed io ho riso di gusto. Certo, nulla in confronto alla perla: pioggia degli occhi (lacrime) di un vecchio studente indiano, ma ho un debole per quelli che chiamo 'gli errori intelligenti'. Mi ripropongo sempre di raccoglierli in un blog o qualcosa di simile, ma poi come al solito non lo faccio e col passar del tempo me li dimentico.
Scavallata la santissima pasqua si prospettano un paio di viaggetti e la cosa mi riempie di frizzantezza. Treni e aerei andrebbero presi il più possibile. Ti fanno raggiungere qualcosa in cui vuoi approdare: un desiderio, un volto amico che non vedi da un pezzo, o quello che sia. Un cambiamento, anche minimo, alla monotonia quotidiana. (Ovviamente i treni che portano al fottuto lavoro non sono compresi nel quadretto poetico).
Ora, non so bene come concludere questa specie di post, visto che non ha nè capo nè coda. Potrei continuare a sparpagliare pensieri sulla tastiera ma opto per un tè e un pezzetto di tramonto, all'ombra del mio miracoloso travaso. Finiti i tempi in cui il mio pollice era capace di assassinare financo le piante grasse!
Dedico questo adorabile lollipop al mio amico itsoh, o meglio, alla sua scellerata regressione tardoadolescenziale. Torna in te!
la strada giusta
Le previsioni e l'esito non mi coincidono quasi mai anche se, ad esser sinceri, di previsioni ne faccio davvero poche. Di solito comincio, se istintivamente mi viene da cominciare. Poi, strada facendo, mi trovo spesso a chiedermi: ma dove caspita sto andando? Allora può capitare di fermarmi a riflettere: valuto il prima e lo relaziono con l'imminente. Ma ecco che, mentre cerco di far coincidere i due, senza nemmeno rendermene conto sono già di nuovo in movimento. E avanti così, fino al prossimo semaforo di cui, ovviamente, ignoro l'esistenza fino a che non ci sbatterò contro.
Mi rendo conto che la mancanza di progetti a lunga scadenza rende la vita precaria e le persone vulnerabili. E' anche vero però che vivere così concede il lusso di non costruirsi addosso catene o vincoli castranti. Se mi guardo intorno ho una variegata schiera di rappresentanti di entrambe le categorie che vivono, ognuno in modo proprio e originalissimo, al margine della loro (in)soddisfazione. Ad oggi, nonostante l'orizzonte dei 40 si avvicini drammaticamente, non saprei proprio dire quale dei due modus vivendi renda di più.
La domanda che a volte mi faccio è: fino a quando potrò continuare a vivere alla giornata? O meglio: è congenita sta cosa o arrivati a un certo numero di semafori intruppati si cambia naturalmente? No, perchè se la sconclusionaggine è congenita e non si può far nulla... io continuo a fare la debosciata e smetto di farmi seghe mentali inutili.
Mi rendo conto che la mancanza di progetti a lunga scadenza rende la vita precaria e le persone vulnerabili. E' anche vero però che vivere così concede il lusso di non costruirsi addosso catene o vincoli castranti. Se mi guardo intorno ho una variegata schiera di rappresentanti di entrambe le categorie che vivono, ognuno in modo proprio e originalissimo, al margine della loro (in)soddisfazione. Ad oggi, nonostante l'orizzonte dei 40 si avvicini drammaticamente, non saprei proprio dire quale dei due modus vivendi renda di più.
La domanda che a volte mi faccio è: fino a quando potrò continuare a vivere alla giornata? O meglio: è congenita sta cosa o arrivati a un certo numero di semafori intruppati si cambia naturalmente? No, perchè se la sconclusionaggine è congenita e non si può far nulla... io continuo a fare la debosciata e smetto di farmi seghe mentali inutili.
primavera è
andare alla coop e comprare due buste di cose...
tranne quello per cui ci eri andata.
E accorgertene alle 20.23
tranne quello per cui ci eri andata.
E accorgertene alle 20.23
quanno ce vo' ce vo'
Sono stanca di essere buona. Ma stanca stanca stanca. La bontà non paga, serve a chi può approfittarne. La bontà è debolezza e la debolezza è un limite. Quindi anche la bontà lo è. In questo mondo infame, lo è.
Sono debole e il prenderne coscienza non mi aiuta ad esserlo di meno. Do un numero sconsiderato di opportunità anche a chi non le merita, perchè i problemi degli altri hanno il fottuto potere di far rimpicciolire i miei, ai miei occhi.
Voglio fare un corso di stronzaggine acuta, qualcuno sa dirmi dove e quando lo organizzano? Mi basterebbe prendere una laurea in 'Strategie per farsi i cazzi propri' o 'Sbattersene altamente degli altrui cazzi quando questi hanno il potere di stravolgere la tua instabile serenità'.
Voglio imparare a essere depressa in modo fruttuoso e intelligente, non da fessa come la sottoscritta. Che significa? Beh, il depresso intelligente è quello che colpevolizza gli altri per la propria depressione, punta il ditino lontano da sè pur di non mettersi in discussione; costringe le persone a situazioni spesso imbarazzanti, ma quando trova un 'buono' può sperare di far leva sui sensi di colpa che mediamente il 'buono' prova per la quasi totalità dei problemi che affliggono l'umanità. E un numero sconsiderato di volte riesce a schivare il calcio in culo che meriterebbe ampiamente, almeno all'inizio.
Il depresso idiota è quello che colpevolizza se stesso per il proprio male e fa di tutto per non far pesare agli altri il proprio malessere, conscio del fatto che ognuno porta con sè un bagaglio notevole di cazzi propri da pelare.
Io faccio parte della seconda categoria e, cosa curiosa, la vita mi porta puntualmente a confrontarmi con i depressi della prima categoria. Ho la calamita, un qualche gene congenito che li attrae verso di me. Maschi e femmine, non mi faccio mancare nulla.
Ora, sommate le due cose, metteteci che dal lunedì al venerdì per lavoro devo far divertire decine di persone e considerate l'aggravante che fino a ottobre non andrò in ferie.
La conclusione?
Andatevene tutti, tutti, tutti, indiscutibilmente e senza un briciolo d'affetto... affanculo!
Sono debole e il prenderne coscienza non mi aiuta ad esserlo di meno. Do un numero sconsiderato di opportunità anche a chi non le merita, perchè i problemi degli altri hanno il fottuto potere di far rimpicciolire i miei, ai miei occhi.
Voglio fare un corso di stronzaggine acuta, qualcuno sa dirmi dove e quando lo organizzano? Mi basterebbe prendere una laurea in 'Strategie per farsi i cazzi propri' o 'Sbattersene altamente degli altrui cazzi quando questi hanno il potere di stravolgere la tua instabile serenità'.
Voglio imparare a essere depressa in modo fruttuoso e intelligente, non da fessa come la sottoscritta. Che significa? Beh, il depresso intelligente è quello che colpevolizza gli altri per la propria depressione, punta il ditino lontano da sè pur di non mettersi in discussione; costringe le persone a situazioni spesso imbarazzanti, ma quando trova un 'buono' può sperare di far leva sui sensi di colpa che mediamente il 'buono' prova per la quasi totalità dei problemi che affliggono l'umanità. E un numero sconsiderato di volte riesce a schivare il calcio in culo che meriterebbe ampiamente, almeno all'inizio.
Il depresso idiota è quello che colpevolizza se stesso per il proprio male e fa di tutto per non far pesare agli altri il proprio malessere, conscio del fatto che ognuno porta con sè un bagaglio notevole di cazzi propri da pelare.
Io faccio parte della seconda categoria e, cosa curiosa, la vita mi porta puntualmente a confrontarmi con i depressi della prima categoria. Ho la calamita, un qualche gene congenito che li attrae verso di me. Maschi e femmine, non mi faccio mancare nulla.
Ora, sommate le due cose, metteteci che dal lunedì al venerdì per lavoro devo far divertire decine di persone e considerate l'aggravante che fino a ottobre non andrò in ferie.
La conclusione?
Andatevene tutti, tutti, tutti, indiscutibilmente e senza un briciolo d'affetto... affanculo!
guazza
Il tempo, per quanto lo si usi come argomento tappabuchi, è assai importante. Ti cambia l'umore prima ancora che metti i piedi giù dal letto la mattina e ti porta a braccetto fino a che non giri la chiave nella toppa la sera, stanco.
Prendi la pioggia, per esempio: ci sono piogge e piogge. Come si fa a chiamare allo stesso modo un pomeriggio piovoso laziale e un pomeriggio piovoso emiliano. Bisogna aggiungere l'aggettivo regionale, per forza. Si farebbe un torto al secondo attribuendogli un'evidente carenza di umidità nell'aria.
Io me li ricordo i pomeriggi piovosi nel natìo borgo selvaggio, che pure di umidità ne custodisce parecchia (e con poca discrezione, aggiungerei). Pioveva, sì, anche per delle ore, anche per dei giorni. A volte copiosamente, a volte meno. Sgrulloni improvvisi, pioggerelline passeggere, tuoni, lampi, fulmini e saette. Insomma, tutto il repertorio. Ma era pioggia che poi passava e, di solito, lasciava posto al sole. Aveva un non so che di salvifico, era un fare la doccia al mondo per toglier via un pò zozzo accumulato, il bidet dopo un'evacuazione collettiva. Lo si fa e poi ci asciuga. Semplice.
I pomeriggi piovosi emiliani son tutto un altro paio di maniche. Roba da pivelli quelli di giù, da poppanti a cui la mamma fa il bagno nella vaschetta. L'acqua qui non cade dall'alto verso il basso, no. E' incrostata nell'aria, la respiri, ti dilata i pori della pelle e ti entra nelle ossa. Il gelo invernale s'impossessa di te e il cielo è così pesante che sembra precipitato a terra. Ne senti tutto il peso, ti toglie l'orizzonte e non ti lascia scampo. E non è un giorno, due o tre, no. E' un mese, due. Una stagione intera. Ha un non so che di diabolico tutto ciò: ci si alza la mattina e si arranca fino al posto di lavoro lottando contro il ghiaccio che riveste la macchina, il gelo che ti sega la punta delle orecchie, la nebbia che ti toglie la vista e la fottuta pioggia che ristagna perpetua nell'aria. Non è affatto semplice: i giorni si accorciano e la notte sembra vincere sempre.
Ho passato quasi metà della mia vita nella bella Emilia, ma a due cose proprio non riesco a rassegnarmi: la guazza perenne e, ovviamente, l'assenza di pizza scrocchiarella.
Prendi la pioggia, per esempio: ci sono piogge e piogge. Come si fa a chiamare allo stesso modo un pomeriggio piovoso laziale e un pomeriggio piovoso emiliano. Bisogna aggiungere l'aggettivo regionale, per forza. Si farebbe un torto al secondo attribuendogli un'evidente carenza di umidità nell'aria.
Io me li ricordo i pomeriggi piovosi nel natìo borgo selvaggio, che pure di umidità ne custodisce parecchia (e con poca discrezione, aggiungerei). Pioveva, sì, anche per delle ore, anche per dei giorni. A volte copiosamente, a volte meno. Sgrulloni improvvisi, pioggerelline passeggere, tuoni, lampi, fulmini e saette. Insomma, tutto il repertorio. Ma era pioggia che poi passava e, di solito, lasciava posto al sole. Aveva un non so che di salvifico, era un fare la doccia al mondo per toglier via un pò zozzo accumulato, il bidet dopo un'evacuazione collettiva. Lo si fa e poi ci asciuga. Semplice.
I pomeriggi piovosi emiliani son tutto un altro paio di maniche. Roba da pivelli quelli di giù, da poppanti a cui la mamma fa il bagno nella vaschetta. L'acqua qui non cade dall'alto verso il basso, no. E' incrostata nell'aria, la respiri, ti dilata i pori della pelle e ti entra nelle ossa. Il gelo invernale s'impossessa di te e il cielo è così pesante che sembra precipitato a terra. Ne senti tutto il peso, ti toglie l'orizzonte e non ti lascia scampo. E non è un giorno, due o tre, no. E' un mese, due. Una stagione intera. Ha un non so che di diabolico tutto ciò: ci si alza la mattina e si arranca fino al posto di lavoro lottando contro il ghiaccio che riveste la macchina, il gelo che ti sega la punta delle orecchie, la nebbia che ti toglie la vista e la fottuta pioggia che ristagna perpetua nell'aria. Non è affatto semplice: i giorni si accorciano e la notte sembra vincere sempre.
Ho passato quasi metà della mia vita nella bella Emilia, ma a due cose proprio non riesco a rassegnarmi: la guazza perenne e, ovviamente, l'assenza di pizza scrocchiarella.
alghe
Sono appoggiata a un palo e frugo nelle tasche. Mi guardo intorno distratta. Niente spiccetti nascosti, solo un fazzoletto usato e un accendino. Fa anche un po' freddo se devo dirla tutta e la gente mi infastidisce più di un po'. Non dà calore, alza solo polvere. Abbaio ai cani che passano prima che lo facciano loro e se potessi gli mozzicherei pure un orecchio. Non so che darei per capire quando e perchè sono diventata così .... intermittentemente pessimista, lagnosa e masochista. In fase premestruale se non mi costringo a lustrare tutta casa potrei assassinare il primo cazzone che mi capita sotto tiro. Stasera vado a una marcia zombie, ma l'unica cosa che vorrei è svegliarmi alga. Un'alga spensierata, sensibile solo all'andirivieni dei flutti.
già scritto
... non fosse che sono gli Skiantos e meritano ben altra sorte, lo si potrebbe proporre al fine pensatore che ci governa come inno per il suo nuovo partito (che sembra possa chiamarsi Italia).
incartapecoriti
Vorrei potermi addormentare e non guardare più, nè ascoltare. Vorrei potermi addormentare e svegliare fra un po' di tempo, quando tutto sarà passato. Cioè, non tutto, ma questo. Questo lurido momento storico di cui sono satura e che sembra non voler finire. E' come quando non riesci a uscire da un trip andato male: il tempo si dilata, perde sequenzialità, tutto sembra fermo, nemico, insormontabile. E la cosa drammatica, quando ci sei dentro, è che per quanto ti sforzi e lo desideri, non vedi una via d'uscita.
Io covo un'ultima speranza: prima o poi i vecchi muoiono.
Io covo un'ultima speranza: prima o poi i vecchi muoiono.
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