primavera è

andare alla coop e comprare due buste di cose...
tranne quello per cui ci eri andata.



E accorgertene alle 20.23

quanno ce vo' ce vo'

Sono stanca di essere buona. Ma stanca stanca stanca. La bontà non paga, serve a chi può approfittarne. La bontà è debolezza e la debolezza è un limite. Quindi anche la bontà lo è. In questo mondo infame, lo è.
Sono debole e il prenderne coscienza non mi aiuta ad esserlo di meno. Do un numero sconsiderato di opportunità anche a chi non le merita, perchè i problemi degli altri hanno il fottuto potere di far rimpicciolire i miei, ai miei occhi.
Voglio fare un corso di stronzaggine acuta, qualcuno sa dirmi dove e quando lo organizzano? Mi basterebbe prendere una laurea in 'Strategie per farsi i cazzi propri' o 'Sbattersene altamente degli altrui cazzi quando questi hanno il potere di stravolgere la tua instabile serenità'.
Voglio imparare a essere depressa in modo fruttuoso e intelligente, non da fessa come la sottoscritta. Che significa? Beh, il depresso intelligente è quello che colpevolizza gli altri per la propria depressione, punta il ditino lontano da sè pur di non mettersi in discussione; costringe le persone a situazioni spesso imbarazzanti, ma quando trova un 'buono' può sperare di far leva sui sensi di colpa che mediamente il 'buono' prova per la quasi totalità dei problemi che affliggono l'umanità. E un numero sconsiderato di volte riesce a schivare il calcio in culo che meriterebbe ampiamente, almeno all'inizio.
Il depresso idiota è quello che colpevolizza se stesso per il proprio male e fa di tutto per non far pesare agli altri il proprio malessere, conscio del fatto che ognuno porta con sè un bagaglio notevole di cazzi propri da pelare.
Io faccio parte della seconda categoria e, cosa curiosa, la vita mi porta puntualmente a confrontarmi con i depressi della prima categoria. Ho la calamita, un qualche gene congenito che li attrae verso di me. Maschi e femmine, non mi faccio mancare nulla.
Ora, sommate le due cose, metteteci che dal lunedì al venerdì per lavoro devo far divertire decine di persone e considerate l'aggravante che fino a ottobre non andrò in ferie.

La conclusione?
Andatevene tutti, tutti, tutti, indiscutibilmente e senza un briciolo d'affetto... affanculo!

guazza

Il tempo, per quanto lo si usi come argomento tappabuchi, è assai importante. Ti cambia l'umore prima ancora che metti i piedi giù dal letto la mattina e ti porta a braccetto fino a che non giri la chiave nella toppa la sera, stanco.
Prendi la pioggia, per esempio: ci sono piogge e piogge. Come si fa a chiamare allo stesso modo un pomeriggio piovoso laziale e un pomeriggio piovoso emiliano. Bisogna aggiungere l'aggettivo regionale, per forza. Si farebbe un torto al secondo attribuendogli un'evidente carenza di umidità nell'aria.
Io me li ricordo i pomeriggi piovosi nel natìo borgo selvaggio, che pure di umidità ne custodisce parecchia (e con poca discrezione, aggiungerei). Pioveva, sì, anche per delle ore, anche per dei giorni. A volte copiosamente, a volte meno. Sgrulloni improvvisi, pioggerelline passeggere, tuoni, lampi, fulmini e saette. Insomma, tutto il repertorio. Ma era pioggia che poi passava e, di solito, lasciava posto al sole. Aveva un non so che di salvifico, era un fare la doccia al mondo per toglier via un pò zozzo accumulato, il bidet dopo un'evacuazione collettiva. Lo si fa e poi ci asciuga. Semplice.
I pomeriggi piovosi emiliani son tutto un altro paio di maniche. Roba da pivelli quelli di giù, da poppanti a cui la mamma fa il bagno nella vaschetta. L'acqua qui non cade dall'alto verso il basso, no. E' incrostata nell'aria, la respiri, ti dilata i pori della pelle e ti entra nelle ossa. Il gelo invernale s'impossessa di te e il cielo è così pesante che sembra precipitato a terra. Ne senti tutto il peso, ti toglie l'orizzonte e non ti lascia scampo. E non è un giorno, due o tre, no. E' un mese, due. Una stagione intera. Ha un non so che di diabolico tutto ciò: ci si alza la mattina e si arranca fino al posto di lavoro lottando contro il ghiaccio che riveste la macchina, il gelo che ti sega la punta delle orecchie, la nebbia che ti toglie la vista e la fottuta pioggia che ristagna perpetua nell'aria. Non è affatto semplice: i giorni si accorciano e la notte sembra vincere sempre.

Ho passato quasi metà della mia vita nella bella Emilia, ma a due cose proprio non riesco a rassegnarmi: la guazza perenne e, ovviamente, l'assenza di pizza scrocchiarella.