come si cambia

Quando il giorno di una partenza si avvicina, per quanto breve il viaggio possa essere, tutto diventa incredibilmente tollerabile. La stanchezza di una giornata di lavoro è piacevole; la sveglia alle 6.30 di domani mattina per andare a lavorare sembra divertente; la macchina inzaccherata di pioppi perchè l'hai parcheggiata sotto l'albero il giorno dopo averla lavata.....che fa?; la barbarie della politica italiana diventa un puntino lontano dall'altra parte della galassia di cui non vuoi sapere nulla di nulla; non ti spaventa l'idea di dover gestire, in 7, un'orda di 130 persone che arriva allegrotta la settimana prossima; non ti rendi proprio conto di scrivere post che quando tonerai ti faranno venir voglia solo di dare una testata allo schermo del portatile. Persino le crittografie di Popò(catepetl) che non riesci a risolvere ti scivolano addosso senza lasciare traccia di astio e frustrazione.
Io divento sempre un po' chissenefotte, il giorno prima di una partenza... e questa cosa mi convince sempre di più che dovrei trovare il modo di viaggiare più spesso possibile.

pensieri sparsi con dedica

Ci son dei giorni, quando torno a casa un po' prima da lavoro e c'è ancora un saccaccio di luce nell'aria, in cui mi sento leggera leggera. Sarà un po' la stanchezza di una giornata passata a parlare, sorridere, ascoltare, spiegare, fotocopiare, o semplicemente la primavera che è esplosa ovunque, ma quando arriva quest'ora mi sento paga. Apro la finestra del balcone e lascio che il chiacchiericcio dei ragazzini nel cortile riempia la stanza. A casa non c'è nessuno eppure ogni cosa è piena di chi non c'è. Mi piace questo aspettare, sapere che qualcuno, più tardi, suonerà alla porta, mi bacerà e riempirà lo spazio intorno a me. Come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Non ho la più pallida idea di cosa farò per cena, ma poco importa. Oggi una studentessa francese davanti al disegno di una padella sul fuoco con dentro un uovo aperto ha coniato il verbo frittare (mix tra frittata e friggere) ed io ho riso di gusto. Certo, nulla in confronto alla perla: pioggia degli occhi (lacrime) di un vecchio studente indiano, ma ho un debole per quelli che chiamo 'gli errori intelligenti'. Mi ripropongo sempre di raccoglierli in un blog o qualcosa di simile, ma poi come al solito non lo faccio e col passar del tempo me li dimentico.
Scavallata la santissima pasqua si prospettano un paio di viaggetti e la cosa mi riempie di frizzantezza. Treni e aerei andrebbero presi il più possibile. Ti fanno raggiungere qualcosa in cui vuoi approdare: un desiderio, un volto amico che non vedi da un pezzo, o quello che sia. Un cambiamento, anche minimo, alla monotonia quotidiana. (Ovviamente i treni che portano al fottuto lavoro non sono compresi nel quadretto poetico).
Ora, non so bene come concludere questa specie di post, visto che non ha nè capo nè coda. Potrei continuare a sparpagliare pensieri sulla tastiera ma opto per un tè e un pezzetto di tramonto, all'ombra del mio miracoloso travaso. Finiti i tempi in cui il mio pollice era capace di assassinare financo le piante grasse!

Dedico questo adorabile lollipop al mio amico itsoh, o meglio, alla sua scellerata regressione tardoadolescenziale. Torna in te!

la strada giusta

Le previsioni e l'esito non mi coincidono quasi mai anche se, ad esser sinceri, di previsioni ne faccio davvero poche. Di solito comincio, se istintivamente mi viene da cominciare. Poi, strada facendo, mi trovo spesso a chiedermi: ma dove caspita sto andando? Allora può capitare di fermarmi a riflettere: valuto il prima e lo relaziono con l'imminente. Ma ecco che, mentre cerco di far coincidere i due, senza nemmeno rendermene conto sono già di nuovo in movimento. E avanti così, fino al prossimo semaforo di cui, ovviamente, ignoro l'esistenza fino a che non ci sbatterò contro.
Mi rendo conto che la mancanza di progetti a lunga scadenza rende la vita precaria e le persone vulnerabili. E' anche vero però che vivere così concede il lusso di non costruirsi addosso catene o vincoli castranti. Se mi guardo intorno ho una variegata schiera di rappresentanti di entrambe le categorie che vivono, ognuno in modo proprio e originalissimo, al margine della loro (in)soddisfazione. Ad oggi, nonostante l'orizzonte dei 40 si avvicini drammaticamente, non saprei proprio dire quale dei due modus vivendi renda di più.
La domanda che a volte mi faccio è: fino a quando potrò continuare a vivere alla giornata? O meglio: è congenita sta cosa o arrivati a un certo numero di semafori intruppati si cambia naturalmente? No, perchè se la sconclusionaggine è congenita e non si può far nulla... io continuo a fare la debosciata e smetto di farmi seghe mentali inutili.