iniziative

L'atteggiamento degli automobilisti emiliani verso i ciclisti mi colpisce incredibilmente. C'è qualcosa di poetico nella premura che riservano alle vecchine cariche di buste della spesa che si fiondano, incuranti del rischio, sulle strisce pedonali guidando le loro due ruote d'altri tempi.
Forse se iniziassimo a stirarne qualcuna invece di lasciare un terzo di copertoni sull'asfalto, si degnerebbero di buttare un occhio. Quantomeno.

benvenga l'autunno

La caffettiera borbotta. E' pronto, finalmente. La lavatrice farfuglia in lontananza, non so perchè ma trovo rassicurante il suo linguaggio circolare,
shhscshh, uo uo uouowowowiwiiviviviiwowououo uo uo, shhhscshh.
Casa di Andrea mi piace un sacco, è piena di colore e di fumetti ammonticchiati ovunque. Anche di cd ammonticchiati. E dvd. E' un disordine composto, il suo. Un disordine che sa farsi perdonare. Ci sto bene in questo angolo di mondo, ci sto proprio bene. Gironzolo non ancora pantofolata, slavoricchio, preparo il rancio per domani a lavoro. Ogni tanto esco sul balcone, fumo una cicca e mi guardo i sonnacchiosi colli emiliani. E penso. Due cose. 1. E' bello non lavorare il pomeriggio. 2. Non vorrei essere in nessun altro posto.

faccio e disfaccio

Le partenze mi mettono sempre un pò d'agitazione. Mi ritrovo a girare e rigirare senza una ragione precisa, a far cose che non son necessarie di per sè. E' l'attesa che arrivi il momento di levar le tende, è lei che vuol essere colmata. E la trovo una cosa buffa, nella sua inutilità. E' come se tutto si fermasse in funzione di quel momento lì. Partire. Come se dopo non ci fosse nulla. Poi però pensi che ogni volta che sei partito ti sei ritrovato in un dopo, e un altro dopo lo ha seguito, e così via. E allora dimentichi di avere atteso e, a pensarci ora, fatichi a trovarci un senso a questo stato d'animo che pure ti prende. Ma poi... perchè bisogna trovarci un senso? Quasi quasi continuo a trotterellare in tondo. Fuori ha fatto buio, la musica in sottofondo gironzola nell'aria... e io aspetto che domani arrivi. Che male c'è a lasciare un pò di fili sparpagliati nel mentre? Nulla. Proprio nulla.

non può essere, voglio andare in giappone

Oggi è stata una giornata dura a lavoro, sono davvero stanca. Non ho fatto un giorno di ferie e non ne farò ancora per un pò. Ma oggi in particolare è stato faticoso e domani lo sarà ancora, per un motivo di 11 lettere: congiuntivo. Chi di voi mi conosce e sa quello che faccio penserà: lo credo bene! Ma mi dispiace deludervi: a forza di spiegarlo agli altri, ho finito per impararlo anche io (almeno il presente e il passato). No, il dramma non sono io in quanto presunta parlante di lingua italiana. Il dramma è il binomio congiuntivo-giapponese. Inconciliabile. Quando cominci a studiare il congiuntivo diventi adulto, linguisticamente parlando. Passi dalla sfera del reale, del concreto ( ieri ho fatto, oggi faccio, domani farò, ecc) a quella delle opinioni personali, delle supposizioni. Smetti di dire per me/ secondo me o di raccontare solamente cosa hai mangiato il giorno prima e le abitudini che avevi da piccolo; puoi finalmente urlare al mondo io ritengo che sia giusto, io credo che sia sbagliato, io penso che, IO PENSO. Cristo! Ma come si fa ad estorcere un'opinione personale a un giapponese senza farlo sembrare una violenza carnale? Qualcuno sa dirmelo? Non si può parlare di storia, di politica, di letteratura, di nulla che trascenda dalla realtà quotidiana spicciola. Io sono affranta.

P.s. Oggi ho scoperto una cosa, anzi due, che dovrebbero farmi riflettere:
1- In giappone i macchinisti dei treni devono far fermare il treno in un punto esatto della stazione affinchè tutte le persone possano fare la fila in un punto preciso, nel punto cioè dove si fermerà esattamente il treno. Se sfora due metri, cito: la notizia finisce in TV (ero basita);
2- Il lavoro comincia alle 8.00 di mattina. Significa: otto, zero minuti, zero secondi. Se timbri il cartellino alle otto, zero minuti, un secondo.... suona l'allarme (non ho voluto approfondire).

bona cicorietta ripassata de noantri

L'erbazzone emiliano è un'esperienza crudele che continuo a sperimentare. Lo vedo, resisto, non lo compro. Lo rivedo, riresisto e non lo compro ancora. Poi, di tanto in tanto, cedo. Dopo che ho ceduto, soffro. E mentre soffro, come ora, non rinnego, no. Ma rimpiango, sì.

(burp! Proviamo a digerirlo burp! con un pò di je je.....)