guazza

Il tempo, per quanto lo si usi come argomento tappabuchi, è assai importante. Ti cambia l'umore prima ancora che metti i piedi giù dal letto la mattina e ti porta a braccetto fino a che non giri la chiave nella toppa la sera, stanco.
Prendi la pioggia, per esempio: ci sono piogge e piogge. Come si fa a chiamare allo stesso modo un pomeriggio piovoso laziale e un pomeriggio piovoso emiliano. Bisogna aggiungere l'aggettivo regionale, per forza. Si farebbe un torto al secondo attribuendogli un'evidente carenza di umidità nell'aria.
Io me li ricordo i pomeriggi piovosi nel natìo borgo selvaggio, che pure di umidità ne custodisce parecchia (e con poca discrezione, aggiungerei). Pioveva, sì, anche per delle ore, anche per dei giorni. A volte copiosamente, a volte meno. Sgrulloni improvvisi, pioggerelline passeggere, tuoni, lampi, fulmini e saette. Insomma, tutto il repertorio. Ma era pioggia che poi passava e, di solito, lasciava posto al sole. Aveva un non so che di salvifico, era un fare la doccia al mondo per toglier via un pò zozzo accumulato, il bidet dopo un'evacuazione collettiva. Lo si fa e poi ci asciuga. Semplice.
I pomeriggi piovosi emiliani son tutto un altro paio di maniche. Roba da pivelli quelli di giù, da poppanti a cui la mamma fa il bagno nella vaschetta. L'acqua qui non cade dall'alto verso il basso, no. E' incrostata nell'aria, la respiri, ti dilata i pori della pelle e ti entra nelle ossa. Il gelo invernale s'impossessa di te e il cielo è così pesante che sembra precipitato a terra. Ne senti tutto il peso, ti toglie l'orizzonte e non ti lascia scampo. E non è un giorno, due o tre, no. E' un mese, due. Una stagione intera. Ha un non so che di diabolico tutto ciò: ci si alza la mattina e si arranca fino al posto di lavoro lottando contro il ghiaccio che riveste la macchina, il gelo che ti sega la punta delle orecchie, la nebbia che ti toglie la vista e la fottuta pioggia che ristagna perpetua nell'aria. Non è affatto semplice: i giorni si accorciano e la notte sembra vincere sempre.

Ho passato quasi metà della mia vita nella bella Emilia, ma a due cose proprio non riesco a rassegnarmi: la guazza perenne e, ovviamente, l'assenza di pizza scrocchiarella.

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